Editoriale del direttore

Da L'Avvenire dei lavoratori - Periodico socialista dal 1899.

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'''Impossibile da smarrire'''  
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'''Dirigente sempre, comunista mai ?'''
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'''Considerate i celebri versi iniziali dell’Inferno dantesco: “Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura”. Confrontateli con l’apertura del Purgatorio: “Per correr migliori acque alza le vele / ormai la navicella del mio ingegno”.'''
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'''In questi mesi mi torna spesso in mente il mio vecchio amico Erdoes, che credeva a un Principio Speranza impossibile da smarrire.''' 
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Se a degli esami (i quali, come diceva Eduardo, non finiscono mai) vi chiedessero a chi associate questa giustapposizione poetica, non escluderemmo che vi venga in mente un giornalista, scrittore e uomo politico italiano che non è mai stato comunista, noto al secolo con il nome di Walter Veltroni.
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"Non sono mai stati così scatenati", mi disse una volta il mio vecchio amico, Ernst Erdoes, ammiccando ai piani alti delle banche con un guizzo negli occhi.  
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Noi qui lo chiameremo più brevemente “il Veltro”.
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Girando per Zurigo durante la pausa di mezzogiorno, eravamo finiti a Paradeplatz, la piazzetta affari della capitale economica elvetica, piazzetta lastricata, sotto il porfido, d'immani forzieri.  
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Or dunque, il Veltro, già dirigente della Fgci, del Pci, del Pds e dei Ds (fino alla carica di segretario nazionale), ma anche vicepremier di Prodi e sindaco di Roma dopo Rutelli, assumeva trionfalmente la segreteria nazionale del Pd nel 2007 presentandosi come candidato premier alle elezioni politiche del 2008, quando decideva di correre “da solo”, in pacata competizione con “il maggior esponente dello schieramento avverso”, che lo sconfiggeva due volte inducendolo a dimettersi da ogni responsabilità e a chiedere “scusa” ai suoi sostenitori ed elettori in una celebre conferenza stampa che si teneva il 17 febbraio di un anno fa.
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Sarà stato l'inizio dell'estate del 1993 e fu quello l'unico guizzo negli occhi di Ernst Erdoes che io ricordi. Del Novecento europeo aveva visto, nel bene e nel male, quel che c'era da vedere. Era cugino del grande matematico Paul Erdoes. Era discepolo del filosofo spartachista Karl Korsch. Era nato a Vienna nel 1919. Era riparato in Svizzera nel 1938 dopo l'annessione hitleriana dell'Austria. Nel 1944 la madre Olga, rimasta a Vienna, era stata deportata ad Auschwitz, e lì gassata.  Lui aveva 25 anni.  
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È tornato alla ribalta, nell’assemblea di Area democratica tenutasi questa settimana a Cortona. E in quanto ex leader del Pci-Pds-Ds-Pd ha di fatto preannunciato la propria aspirazione a una seconda nomination come candidato premier del centro-sinistra alle prossime elezioni politiche. Queste dovrebbero tenersi fra tre anni, ma potrebbero venire anticipate nel caso in cui lo scontro Fini-Berlusconi si combinasse con il crollo del Governo, che poggia su molte faglie destinate probabilmente a lacerarsi.
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Stefano Menichini, direttore del quotidiano “Europa”, che è uno dei due organi del Pd, ha osservato come il principale ostacolo per un rilancio di codesta leadership stia nella “diffidenza del suo stesso partito”, all’interno del quale pesano ancora, e non poco, le conseguenze di un tragico abbaglio, “l’errore di aver troppo legato un’avventura collettiva a una singola persona, alle sue sorti, ai suoi limiti”.
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Non ricordo alcuna questione politica, storica, letteraria o scientifica di un certo rilievo, cui Ernst Erdoes non si fosse dedicato in modo men che approfondito.
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Quali limiti ha, il Veltro?
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Le nostre ricerche di allora vertevano spesso intorno al concetto di "schiavitù" in Aristotele. E persino in quell'ambito, di cui io mi occupavo in modo specialistico, lui dimostrava conoscenze fuori dal comune.  
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A nostro modesto parere, uno dei suoi difetti più gravi sta nel non essere mai stato comunista. Noi riteniamo il non-comunismo assai più grave del ben noto antisocialismo, che ci appare in qualche modo secondario e comunque ovvio. È ovvio, infatti, che il Veltro debba continuare a proclamare morto e ri-morto il socialismo europeo. Soltanto in tal caso il Pd potrà continuare ad apparirci indispensabile. Ed è indispensabile che il popolo di centro-sinistra pensi di avere avuto assolutamente bisogno del Pd, perché altrimenti la spallata al Governo Prodi, la sconfitta alle politiche, la perdita del Comune di Roma, della Regione Sardegna e tutto il resto apparirebbero un’assurdità totale, un prezzo pazzesco pagato per realizzare l’astrazione ideologica più dirompente e suicida che la storia della sinistra italiana ricordi dall’Aventino ai giorni nostri.
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"Non sono mai stati così scatenati", sottolineò con forza, sempre riferendosi ai ragazzi della finanza che nel frattempo avevano iniziato ad affollare la piazzetta degli affari con le loro giacche firmate e le facce ancora "acqua e sapone", ma già un poco improsciuttite.  
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Perciò, noi capiamo il Veltro quando impiega parte importante dei suoi magistrali discorsi allo scopo di dimostrare ancora una volta per la prima volta il decesso irreversibile e definitivo di ogni socialismo europeo, decesso che stavolta deriverebbe dalla sconfitta di Gordon Brown. Certo, Brown ha lasciato Downing Street, per inciso sorridendo ai fotografi, la moglie e i bambini al fianco, tra due ali di folla, accompagnato da una solenne copertura mediatica intercontinentale. Crollo strutturale finale totale della socialdemocrazia europea? Non si direbbe. Parrebbe piuttosto la dignitosa, e ordinata, uscita di scena di un importante leader politico occidentale che seppe dire al mondo in quale maniera affrontare lo tsunami finanziario di due estati fa.
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Alle mie rimostranze lui si oppose fermamente. E disse parole perentorie, parole che, dopo il crollo del comunismo sovietico, assumevano per me un sapore d'inattualità totale. Roba da "giovani turchi" psiuppini degli ultimi anni Quaranta, pensavo. O giù di .  
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Poco ne cala qui se il Labour ha stravinto le elezioni comunali britanniche, tenutesi in parallelo alle politiche. E poco ne cala che i conservatori abbiano mietuto a Buckingham Palace la classica vittoria di Pirro. Tutti, comunque, sanno che il Labour prima o poi tornerà a governare. E così la SPD: ogni tanto viene sconfitta, ma dopo qualche anno ritorna a vincere. Lo stesso vale per il PSF, il PASOK, il PSOE, il PSP e le altre formazioni storiche del socialismo europeo, che è sopravvissuto a un secolo e mezzo di requiem praticamente quotidiani, superando le inevitabili eclissi della storia, ma dimostrando sempre di saper navigare in quelle “migliori acque” del Purgatorio da cui siamo partiti.
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Per trovare un acquietamento sul tema e poter riprendere il filo del nostro discorso aristotelico, tentai pazientemente di spiegargli che, dopo la caduta del Muro, un ridispiegamento della sinistra democratica europea poteva ormai avere luogo soltanto su posizioni "liberal soft" (oggi si direbbe "democratico-moderate").  
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Tra l’Inferno e il Purgatorio Dante pone una fondamentale differenza che, notoriamente, non sta nel “dolore” (il dolore pervade entrambe le cantiche senza risparmio), ma piuttosto nella “speranza”, che illumina il Purgatorio e che invece manca totalmente nella selva oscura.
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No!
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Fuor di metafora, il rischio dissoluzione politico-organizzativa non sembra incombere tanto sul socialismo europeo, quanto sul Pd italiano. Rischio esplicitamente evocato dall'ing. De Benedetti, editore di riferimento e "tessera n° 1" del partito; rischio rilanciato a Cortona dal capo della minoranza, Franceschini. Tant’è che l’ex leader del Pci-Pds-Ds-Pd, con la buona volontà a lui propria, ha dovuto respingere più volte l’ipotesi di una “scissione”. Apprezziamo l’etica della buona volontà, ma ci chiediamo se possa bastare.
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Fu inesorabile, inamovibile, tetragono. Mi si piazzò lì, immobile come un mulo del quarto reggimento alpini, davanti a una delle maggiori cattedrali creditizie svizzere. E con sguardo iniettato di autentica incazzatura ebraico-socialista-mitteleuropea, scandì, lento, a voce bassa, in tono definitivo: "Mi creda, non sono mai stati così scatenati".  
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Fissazione narcisista di un vecchio bastian contrario? O prime avvisaglie di arteriosclerosi?
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Ora, a parte che per le sue competenze economiche l’attuale leader del Pd, Pierluigi Bersani, parrebbe essere miglior candidato a governare l’Italia, in contrapposizione a Tremonti, nell’eventuale crisi del berlusconismo, a parte questo, non sapremmo però davvero come definire una minaccia di scissione di fatto reinvestita nelle trattative per la leadership di una coalizione distrutta da un giornalista, scrittore e uomo politico italiano che non è mai stato comunista.
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Beninteso, avrà straordinarie virtù e talenti, e sarà pure un’amabilissima persona, e magari verrà financo il giorno in cui egli libererà l’Italia dai suoi antichi mali, realizzando la profezia dantesca, ma anche sorprendendoci un po', il Veltro, “e sua nazion sarà tra feltro e feltro”.
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Qualche anno dopo, il 6 marzo del 1998, Ernst Erdoes si spense quasi ottuagenario, a causa di una crisi cardiaca. Se ne andò nel sonno e senza sofferenze, dissero i medici. Pochi giorni prima aveva finito di scrivere la sua dissertazione dottorale, che apparirà negli Scritti postumi ("Schriften aus dem Nachlass") raccolti e pubblicati da Leopold Kohn e Peter A. Schmid con una prefazione di Helmut Holzhey.
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Ma se sei la sinistra italiana, perché mai ti dovresti fidare di un leader che non è mai stato comunista?
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Il volume è uscito a Basilea nel 2004, e contiene alcuni saggi preziosi e molto intriganti (per i cultori di filosofia eccone i temi: la proprietà e il lavoro nel pensiero illuminista e in Kant, la filosofia hegeliana del diritto, la schiavitù e la democrazia in Aristotele, l'ebraismo in Spinoza, la questione del male radicale nel giudaismo e nella gnosi, la kabbalah secondo Gerschom Scholem).  
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Quasi tutti gli italiani di sinistra, nel dopoguerra, lo sono stati, almeno per un istante, almeno da ragazzi. Lui no. Non lui, che pure fu un dirigente del Pci.
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Leopold Kohn, in epigrafe al suo Ernst Erdoes - un breve compendio biografico, ha avuto la bontà di citare uno spezzone di colloquio tra Ernst e me apparso da qualche parte all'epoca dei discorsi di cui dicevo sopra. 
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Dirigente sempre, comunista mai?
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Sul Principio Speranza Erdoes aveva detto: "Il principio soggettivo della Speranza sta nella coscienza morale dell'uomo per cui la sua destinazione non è lasciarsi prendere a calci. Un principio impossibile da smarrire".
 
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Penso molto a Ernst Erdoes in questi mesi. C'era e c'è effettivamente molto scatenamento sotto il sole, come dimostra l'atteggiamento cinico secondo cui alcuni paesi mediterranei a rischio d'insolvenza finanziaria possono essere spinti alla bancarotta. 
 
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A questi paesi mediterranei (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) i brockers si riferiscono con l'acronimo "P.I.G.S.", che in inglese significa "porci" o "maiali". L'espressione vi sembra arrogante? Ma via. Si tratta della parola d'ordine di una operazione speculativa, ad alta energia criminale secondo alcuni, perfettamente legittima secondo altri.
 
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Essa consisterebbe nel giocare sui mercati finanziari internazionali contro i predetti paesi. Che non stanno peggio di tanti altri, ma vengono azzannati allo scopo di indurne il crac, nell'intendimento abbastanza esplicito di provocare un "effetto domino" e quindi in ultima analisi il crollo della moneta unica. Cioè la fine dell'Eurozona. Ossia una crisi geopolitica di vastissime proporzioni.
 
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Inutile dire che, dal caos preannunciato in seguito a tutto ciò, qualcuno si attende di lucrare enormi guadagni in termini sia di danaro sia di potere.
 
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Sui giornali, taluni commentatori economici condannano un tanto al chilo "l'ipocrisia" di chi si lamenta del pensiero unico capitalistico o dell'arroganza di certe oligarchie finanziarie. Non sia mai detto... la colpa è sempre degli altri, e in questo caso ricade su intere popolazioni che sarebbero dedite al vizio, Pigre, Indolenti, Gaudenti, Spendaccione: P.I.G.S.
 
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Allucinante?
 
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Il mio vecchio amico Ernst Erdoes aveva già visto cose analoghe negli anni Trenta.
 
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E me lo disse pure.
 
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Mi disse che con i nostri flebili riformismi democratico-moderati non saremmo arrivati da nessuna parte. E infatti, in vent'anni di "Weimar al rallentatore", siamo approdati al nulla virgola zero.
 
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Secondo il mio vecchio amico Ernst Erdoes ci voleva invece un riformismo rivoluzionario, ci sarebbe voluto quel socialismo che il gran padre Turati definiva "rivoluzionario perché riformista e riformista perché rivoluzionario".
 
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Versione delle 15:10, 14 mag 2010


14.05.10

Dirigente sempre, comunista mai ?

Considerate i celebri versi iniziali dell’Inferno dantesco: “Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura”. Confrontateli con l’apertura del Purgatorio: “Per correr migliori acque alza le vele / ormai la navicella del mio ingegno”.

Se a degli esami (i quali, come diceva Eduardo, non finiscono mai) vi chiedessero a chi associate questa giustapposizione poetica, non escluderemmo che vi venga in mente un giornalista, scrittore e uomo politico italiano che non è mai stato comunista, noto al secolo con il nome di Walter Veltroni.

Noi qui lo chiameremo più brevemente “il Veltro”.

Or dunque, il Veltro, già dirigente della Fgci, del Pci, del Pds e dei Ds (fino alla carica di segretario nazionale), ma anche vicepremier di Prodi e sindaco di Roma dopo Rutelli, assumeva trionfalmente la segreteria nazionale del Pd nel 2007 presentandosi come candidato premier alle elezioni politiche del 2008, quando decideva di correre “da solo”, in pacata competizione con “il maggior esponente dello schieramento avverso”, che lo sconfiggeva due volte inducendolo a dimettersi da ogni responsabilità e a chiedere “scusa” ai suoi sostenitori ed elettori in una celebre conferenza stampa che si teneva il 17 febbraio di un anno fa.

È tornato alla ribalta, nell’assemblea di Area democratica tenutasi questa settimana a Cortona. E in quanto ex leader del Pci-Pds-Ds-Pd ha di fatto preannunciato la propria aspirazione a una seconda nomination come candidato premier del centro-sinistra alle prossime elezioni politiche. Queste dovrebbero tenersi fra tre anni, ma potrebbero venire anticipate nel caso in cui lo scontro Fini-Berlusconi si combinasse con il crollo del Governo, che poggia su molte faglie destinate probabilmente a lacerarsi.

Stefano Menichini, direttore del quotidiano “Europa”, che è uno dei due organi del Pd, ha osservato come il principale ostacolo per un rilancio di codesta leadership stia nella “diffidenza del suo stesso partito”, all’interno del quale pesano ancora, e non poco, le conseguenze di un tragico abbaglio, “l’errore di aver troppo legato un’avventura collettiva a una singola persona, alle sue sorti, ai suoi limiti”.

Quali limiti ha, il Veltro?

A nostro modesto parere, uno dei suoi difetti più gravi sta nel non essere mai stato comunista. Noi riteniamo il non-comunismo assai più grave del ben noto antisocialismo, che ci appare in qualche modo secondario e comunque ovvio. È ovvio, infatti, che il Veltro debba continuare a proclamare morto e ri-morto il socialismo europeo. Soltanto in tal caso il Pd potrà continuare ad apparirci indispensabile. Ed è indispensabile che il popolo di centro-sinistra pensi di avere avuto assolutamente bisogno del Pd, perché altrimenti la spallata al Governo Prodi, la sconfitta alle politiche, la perdita del Comune di Roma, della Regione Sardegna e tutto il resto apparirebbero un’assurdità totale, un prezzo pazzesco pagato per realizzare l’astrazione ideologica più dirompente e suicida che la storia della sinistra italiana ricordi dall’Aventino ai giorni nostri.

Perciò, noi capiamo il Veltro quando impiega parte importante dei suoi magistrali discorsi allo scopo di dimostrare ancora una volta per la prima volta il decesso irreversibile e definitivo di ogni socialismo europeo, decesso che stavolta deriverebbe dalla sconfitta di Gordon Brown. Certo, Brown ha lasciato Downing Street, per inciso sorridendo ai fotografi, la moglie e i bambini al fianco, tra due ali di folla, accompagnato da una solenne copertura mediatica intercontinentale. Crollo strutturale finale totale della socialdemocrazia europea? Non si direbbe. Parrebbe piuttosto la dignitosa, e ordinata, uscita di scena di un importante leader politico occidentale che seppe dire al mondo in quale maniera affrontare lo tsunami finanziario di due estati fa.

Poco ne cala qui se il Labour ha stravinto le elezioni comunali britanniche, tenutesi in parallelo alle politiche. E poco ne cala che i conservatori abbiano mietuto a Buckingham Palace la classica vittoria di Pirro. Tutti, comunque, sanno che il Labour prima o poi tornerà a governare. E così la SPD: ogni tanto viene sconfitta, ma dopo qualche anno ritorna a vincere. Lo stesso vale per il PSF, il PASOK, il PSOE, il PSP e le altre formazioni storiche del socialismo europeo, che è sopravvissuto a un secolo e mezzo di requiem praticamente quotidiani, superando le inevitabili eclissi della storia, ma dimostrando sempre di saper navigare in quelle “migliori acque” del Purgatorio da cui siamo partiti.

Tra l’Inferno e il Purgatorio Dante pone una fondamentale differenza che, notoriamente, non sta nel “dolore” (il dolore pervade entrambe le cantiche senza risparmio), ma piuttosto nella “speranza”, che illumina il Purgatorio e che invece manca totalmente nella selva oscura.

Fuor di metafora, il rischio dissoluzione politico-organizzativa non sembra incombere tanto sul socialismo europeo, quanto sul Pd italiano. Rischio esplicitamente evocato dall'ing. De Benedetti, editore di riferimento e "tessera n° 1" del partito; rischio rilanciato a Cortona dal capo della minoranza, Franceschini. Tant’è che l’ex leader del Pci-Pds-Ds-Pd, con la buona volontà a lui propria, ha dovuto respingere più volte l’ipotesi di una “scissione”. Apprezziamo l’etica della buona volontà, ma ci chiediamo se possa bastare.

Ora, a parte che per le sue competenze economiche l’attuale leader del Pd, Pierluigi Bersani, parrebbe essere miglior candidato a governare l’Italia, in contrapposizione a Tremonti, nell’eventuale crisi del berlusconismo, a parte questo, non sapremmo però davvero come definire una minaccia di scissione di fatto reinvestita nelle trattative per la leadership di una coalizione distrutta da un giornalista, scrittore e uomo politico italiano che non è mai stato comunista.

Beninteso, avrà straordinarie virtù e talenti, e sarà pure un’amabilissima persona, e magari verrà financo il giorno in cui egli libererà l’Italia dai suoi antichi mali, realizzando la profezia dantesca, ma anche sorprendendoci un po', il Veltro, “e sua nazion sarà tra feltro e feltro”.

Ma se sei la sinistra italiana, perché mai ti dovresti fidare di un leader che non è mai stato comunista?

Quasi tutti gli italiani di sinistra, nel dopoguerra, lo sono stati, almeno per un istante, almeno da ragazzi. Lui no. Non lui, che pure fu un dirigente del Pci.

Dirigente sempre, comunista mai?




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