Nonna Adele

Da L'Avvenire dei lavoratori - Periodico socialista dal 1899.

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Versione corrente delle 09:27, 15 feb 2010

Nonna Adele


NONNA ADELE E ALCUNI BREVI SCRITTI RECENTI.

PUBBLICAZIONE IN ONORE DI ETTORE CELLA-DEZZA NEL SUO NOVANTESIMO COMPLEANNO.

Numero doppio 2003.1-2, Pagine 192

CHF 20.00, Euro 14.00


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PRESENTAZIONE

di Andrea Ermano

Multiforme uomo di spettacolo e di cultura, Ettore Cella- Dezza ha dato vita e forma a un’infinità di ruoli nel cinema, alla radio e sui grandi palcoscenici: dai drammi radiofonici nell’anteguerra al “papà Pisani” di Bäckerei Zürrer; dalla direzione teatrale d’immortali opere verdiane con la Callas alle sit-com dei tempi attuali; dall’amicizia artistica con Brecht e Silone all’introduzione in terra tedesca di drammaturghi “latini” come Pirandello e Sartre; dalla collaborazione con Grassi e Strehler all’attività storico- letteraria più recente: tutto questo e molto ancora ha donato all’alta cultura non meno che alle grandi platee popolari Cella-Dezza. Al cui nome nella memoria collettiva è legata, tanto per dire, anche la nascita cinquant’anni fa della televisione pubblica SF-DRS. Cella-Dezza è giunto al suo novantesimo anno d’età: un grande artista e una figura ormai storica dell’antifascismo italiano. A lui tributiamo con affetto fraterno il nostro omaggio in nome della Federazione Socialista Italiana in Svizzera, di cui Ettore Cella-Dezza è presidente d’onore, e de L’Avvenire dei lavoratori della cui redazione è autorevole esponente come già lo fu suo padre Enrico Dezza.

Non possiamo qui riandare a tutte le tappe di una carriera artistica eccezionalmente feconda. L’ha ripercorsa d’altronde con grande sensibilità e intelligenza Anne Cuneo nel suo film-biografia Ettore Cella. Ein Künstlerleben. Con il presente numero doppio de L’Avvenire dei lavoratori in speciale veste monografica nella collana Tragelaphos proponiamo all’attenzione dei lettori un grande romanzo, Nonna Adele, insieme ad alcuni brevi scritti recenti. A mo’ di premessa fungono i discorsi augurali pronunciati il 13 settembre scorso dal sindaco di Zurigo, Elmar Ledergerber, e da Annarella Rotter-Schiavetti. Nonna Adele - Das Damoklesschwert è l’opera letteraria forse più sofferta e autentica di Cella-Dezza, apparsa due anni or sono presso la nostra casa editrice. Un libro che “preserva dall’oblio un pezzo importante di storia dell’emigrazione antifascista”, come notava Muscionico sulla Neue Zürcher Zeitung del 7.8.2002. Nonna Adele - Das Damoklesschwert è un testo articolato in due romanzi, entrambi veristici al limite del rigore documentario. Nonna Adele appare qui per la prima volta in italiano grazie alla versione redazionale riveduta di concerto con l’autore per le esigenze di un nuovo pubblico. Un’edizione italiana di Das Damoklesschwert seguirà prossimamente. L’azione inizia agli albori ancora incontaminati, o quasi, del “secolo breve”. Corre l’anno 1909. Adele Bertuzzi vedova Dezza raggiunge i figli emigranti nella Zurigo della colonia italiana. Ultimi scampoli in liquidazione della belle époque si mescolano al persistente dramma sociale: l’alienazione metropolitana e lo sradicamento; la belluina lotta per la sopravvivenza e le immancabili storie di corna multiple, di amanti ufficiali, di amanti clandestine; la miseria diffusa e l’analfabetismo senza ritorno; la bontà d’animo del popolo e la solidarietà tra gli oppressi; i profittatori di guerra e le spie di regime; i nobili ideali di riscatto proletario e il circolo della briscola; i consoli cialtroni e i consoli galantuomini; gli zelanti servitori del Duce e i coraggiosi antifascisti... Ritorna alla luce una Zurigo rimossa, abitata da povera gente in cerca di un tozzo di pane. Miriadi di espulsi da un mercato del lavoro matrigno che ricreano all’estero il loro mondo della vita, arcaico, desolato e insieme caleidoscopico, al cui centro vediamo emergere, lentamente ma inesorabilmente, i due eventi fondamentali del Novecento: la guerra e il fascismo. Sul piccolo schermo dell’emigrazione italiana in Svizzera va in onda il ciclo tragico delle due conflagrazioni mondiali e dell’emergenza totalitaria. Senza la guerra non vi sarebbe stato l’avvento del regime mussoliniano, né per altro di quello staliniano. Il giudizio appartiene ai dati non controvertibili della storia. Senza la guerra l’umanità non avrebbe assistito al dilagare del fascismo europeo e quindi neppure al secondo conflitto mondiale. Dalla guerra al fascismo; e poi ancora dal fascismo alla guerra. In questi due segmenti si riassume la tragedia di un intero secolo. Nonna Adele abita il segmento che va dalla guerra al fascismo. Lo abita da un’ottica eccentrica, nelle pieghe riposte dell’esistenza dentro la nostra comunità emigrata, ospite di un’antica democrazia che è rimasta immune sì dalla demenza interventista e dal demone totalitario, ma non da ricorrenti tentazioni xenofobe. La protagonista, Adele Bertuzzi vedova Dezza, ci pare compendiare l’Italietta di tanta brava gente sconcertata da eventi terribili e portentosi sui quali s’infrange l’incantesimo del senso comune e della tradizione. Quanti letterati hanno saputo ricostruire la quotidianità di quest’Italia fuori d’Italia in un’Europa fuori di sé? Nel nostro piccolo mondo antico di poveri emigranti imbelli dinanzi al montare della tirannia e della barbarie è difficile non vedere una miniatura di quella sindrome weimariana su cui Peter Sloterdijk rifletteva nella sua Critica della ragion cinica, opera d’ispirazione habermasiana apparsa vent’anni or sono e oggi ormai classica. La sindrome cinica, questa la diagnosi di Sloterdijk, si manifesta come un’epidemia di malafede che precorre l’epidemia totalitaria. Ma si tratta di una malafede peculiare, dal ghigno ossificato, larvato e astratto: ultimo allettamento del mentitore di professione. Piazzisti della demagogia, piazzisti del petrolio, piazzisti delle armi ecc. Tutti oggi subiamo l’egemonia dei commessi viaggiatori. Tutto viene di fatto venduto-comprato. Dunque, tutto è disponibile. Anche di diritto? Incluso lo stato di diritto? Incluso il diritto internazionale? Inclusi i diritti della persona? La ragion cinica è una fibrillazione della coscienza in vaga e mesta disarmonia verso se stessa. È una coscienza infelice, ma risolutamente predisposta alla resa incondizionata dinanzi ai propri alibi. È l’otto settembre del senso di responsabilità, il lato conformista del manganello, l’autoesonero morale complice d’ogni scatenamento.

Cinica malafede è il coraggio che manca e che uno, figuriamoci, mica si può dare da sé, come recita l’assoluzione che s’impartisce il don Abbondio manzoniano. Sacerdote “disposto sempre all’ubbidienza”, se i due “bravi” gl’ingiungono che “questo matrimonio non s’ha da fare né domani né mai”, lui rinvia senz’altro le nozze, che dovrebbe invece celebrare. Ed enumererà in latino gli “impedimenti dirimenti” contemplati dal diritto canonico: error, conditio, votum, cognatio, crimen. Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas... “Si piglia gioco di me? Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?” interrompe Renzo Tramaglino, il giovane popolano e sposo promesso di Lucia Mondella. Renzo va in collera “con un volto tra l’attonito e l’adirato”. A noi leggendo scappa magari da ridere. Ma forse certe questioni andrebbero prese un po’ più sul serio. O il rischio serio di certe costellazioni epocali non si cela proprio nel loro carattere platealmente non-serio? Spiega il Manzoni che “bravi” erano detti quegli uomini senz’arte né parte i quali però “s’appoggiano a qualche cavaliere ... per fargli spalle”. Ecco, ancora una volta per la prima volta, il leitmotiv del “cavaliere”. Nei Promessi Sposi il “cavaliere” fu un prepotente signorotto lombardo chiamato don Rodrigo. Ma la storia patria – storia di sempre rinviate nozze tra l’Italia e un moderno ordinamento civile – ripropone l’archetipo manzoniano anche al di là della peste secentesca e al di là della dominazione spagnola. Ritroveremo infatti il “cavalier” Rodrigo e l’arrendevole don Abbondio nei cenci trionfali del “cavalier” Mussolini e di un molto distratto Pio XI. Senza contare che codesta galleria di “cavalieri” s’arricchisce, diciamo così, di giorno in giorno. Sarebbe opportuno riflettere allora anche su un certo buffo uso delle onorificenze all’italiana, come ammonisce un passo di Nonna Adele:


«Questi titoli d’onore non venivano presi molto sul serio, anzi erano, a dirla tutta, spesso oggetto di salaci battutine. Ciò avveniva con particolare riferimento al titolo di “cavaliere”, importantissima onorificenza assegnata dal re, della quale tutti sapevano però che la si poteva anche comprare. (...) Con l’ovvia eccezione di certo personale diplomatico-consolare erano ben pochi gli zelanti del regime, e anzi aumentavano a dismisura le barzellette sul fascismo. Anche se Mussolini in Italia stava ormai chiudendo il cerchio del proprio potere, la cosa all’estero non impressionava granché. Ma, proprio per aver mal valutato i pericoli insiti nella dittatura, gli italiani si sarebbero trovati di lì a poco a dover pagare, sia in Italia che all’estero, un conto ben salato». (p. 111)


SOMMARIO

6 Tabula gratulatoria

7 Presentazione

13 ELMAR LEDERGERBER, Lieber Ettore Cella, caro Ettore Cella - Saluto augurale del sindaco di Zurigo a nome della Città

17 ANNARELLA ROTTER-SCHIAVETTI, Grazie, Ettore. Buon compleanno - Saluto augurale a nome dell’emigrazione italiana in Svizzera



NONNA ADELE

23 Capitolo primo - Nonna Adele si congeda dall’Emilia e raggiunge i suoi figli in Svizzera

38 Capitolo secondo - Al camposanto la vita continua

89 Capitolo terzo - Il circolo della briscola incontra il regime fascista

126 Capitolo quarto - Di cavallier, gran dame ed eroi... E di come mio padre finì in galera

149 Capitolo quinto - Quel che seppi dei miei genitori avendolo appreso origliando


ALCUNI BREVI SCRITTI RECENTI

173 Evviva l’epifania

177 Il compagno Armuzzi

180 Poeti di paese

182 La caccia

184 Con la forza della ragione. Con le armi dell’onestà




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